sabato 19 marzo 2011

Uomini precari

Precari. L'umanità ed il mondo. Precaria. La condizione umana nel mondo. Incertezza, insicurezza, instabilità. Il peculiare contenuto dell'esistenza collettiva. Il termine, “precario”, deriva dal latino precarìu(m), a significare propriamente “ottenuto con preghiere”, da prex, precis, appunto, “preghiera”. Nel diritto romano, ci riferisce alla concessione di un bene, gratuitamente o con un canone simbolico, con patto di restituzione, in qualsiasi momento e senza necessità di preavviso; ora, indica un comodato del quale non è stato stabilito il termine di scadenza e che prevede, quindi, che il bene dato in godimento, possa essere richiesto in restituzione in qualsiasi momento. Nella legislazione italiana [http://www.camera.it/parlam/leggi/03030l.htm], con provvedimenti ad hoc in materia di occupazione e mercato del lavoro, trasla definendo la condizione della forza-lavoro: una situazione lavorativa temporanea, provvisoria, un rapporto di lavoro senza garanzie di continuità o stabilità, legato solamente a contratti a termine. Avventizio è l'uomo-lavoratore, barcollante nell'incedere nella vita, fragile nella progettazione del futuro, incerto nelle relazioni che instaura con i simili e con il mondo, pericolante l'ambiente nel quale trascorre il suo tempo – perché non gli appartiene e non può decidere -, vacillante la sua pretesa di un mondo migliore, transitorie le conoscenze delle cose, tipiche delle società post-industriali che le rendono a loro volta parziali, a tempo determinato, utili solo a sostenere il PIL. Le conseguenze dell'apocalittico terremoto nipponico non sono affatto ancora da valutare. Sono negli occhi di tutti. Le radiazioni nucleari indotte dalla precarietà dell'ingegneria incorporata nelle centrali, certo misurabili, ma non più arginabili nelle dimensioni effettive del danno, non sono una minaccia, non sono un rischio; sono la verità della vita disegnata dall'espansione planetaria del capitalismo globale. I contraccolpi economici, sono l'unica preoccupazione di chi quel disastro antropologico ed ambientale non ha mai sottoposto a prevenzione. I sacerdoti del PIL si agitano un poco osservando l'indice della Borsa di Tokio mentre subisce un tracollo, trascinandosi dietro i mercati azionari del resto del mondo. Pronti a ripartire, salvi insieme al loro potere. Si ragiona in termini di seconda o terza (dopo il recente sorpasso cinese; Cina “nucleare”, dimentica del terremoto dello Shaanxi nel 1556, di magnitudine 8,3, a causa del quale morirono 830.000 persone) economia del mondo devastata dalle conseguenze del sisma e delle ripercussioni che sta già subendo. Si giunge a considerare il settore economico vitale, quello dell'energia. Un quarto di secolo dopo la tragedia di Chernobyl, la corsa generale alle centrali nucleari pare subire una battuta d'arresto, rappresentazione di un'ipocrita momentanea costernazione, risposta emotiva al montare delle rivolte popolari nel mondo piuttosto che una reale occasione di revisione strutturale del “modello di sviluppo”; ci si chiede: il Giappone è certo più “visibile” mediaticamente del Cile, considerato che già il terremoto di Valdivia, nel 1960, raggiunse magnitudine 9,5, ma perché da allora non è stato preso in considerazione dalla comunità internazionale un altro “modello di sviluppo” che non fosse basato su idrocarburi e nucleare ? Le onde P fanno oscillare la roccia avanti ed indietro, nella stessa direzione di propagazione dell'onda; esse generano “compressioni” e ”rarefazioni” successive nel materiale in cui si propagano. La velocità di propagazione dipende dalle caratteristiche elastiche del materiale e della sua densità; nella crosta terrestre tali onde viaggiano ad una velocità che può raggiungere anche i dieci km al secondo; queste onde sismiche attraversano longitudinalmente tutti i materiali.

Le onde S, onde “secondarie”, muovono la roccia perpendicolarmente alla loro direzione di propagazione; sono “onde di taglio”. Le onde “superficiali” sono generate dal combinarsi delle onde P e delle onde S; sono quelle che provocano i maggiori danni. Nei terremoti, le onde di Rayleigh muovono le particelle secondo orbite ellittiche in un piano verticale lungo la direzione di propagazione, come avviene per le onde in acqua. Led onde di Love, muovono invece le particelle trasversalmente alla direzione di propagazione, ma solo sul piano orizzontale. Onde terrificanti che rendono precaria la vita. Tutto ciò è noto da tempo. In queste ore, Germania e Svizzera bloccano i programmi atomici; gli USA, presi in controtendenza rispetto alle intenzioni di un potenziamento del piano energetico da uranio per emancipare il paese dalla dipendenza da petrolio, pensano ad una revisione del piano originario. Durevoli o meno questi ripensamenti politici non saranno forieri di un'economia che metta al centro le tematiche della diseguale distribuzione planetaria del reddito e dello “sviluppo umano” in grado di rompere radicalmente con la concezione tradizionale dello sviluppo come “crescita economica”, proponendo un paradigma di sviluppo che riguarda non tanto la crescita della ricchezza di una nazione, bensì l'ambiente nel quale le persone possono esprimere in pieno il loro potenziale. Il concetto di ”sviluppo umano” è stato ideato dall'economista pakistano Mahbub ul Haq insieme a Sir Richard Jolly. Compare per la prima volta nel 1990 all'interno del primo Rapporto sullo Sviluppo Umano dell'Undp, il quale afferma da subito: "questo rapporto si occupa della gente e del modo in cui lo sviluppo ne amplia le scelte. Si occupa di questioni che vanno al di là di concetti quali crescita del PNL, reddito e ricchezza, produzione di beni e accumulazione di capitale. La facoltà di una persona di avere accesso a un reddito rappresenta una di queste possibilità di scelta, ma non la somma totale delle aspirazioni umane" (Human Development Report, 1990). Un processo che si fonda su quattro pilastri specifici: eguaglianza (lo sviluppo umano consiste in un ampliamento delle opportunità a beneficio di ogni essere umano); sostenibilità (il processo di sviluppo deve essere capace di garantire la riproduzione del capitale fisico, umano e ambientale utilizzato); partecipazione (i processi economici, sociali e culturali attivati per promuovere lo sviluppo devono osservare la partecipazione dei beneficiari stessi); produttività (all'interno del processo economico di sviluppo ognuno deve avere la possibilità di partecipare alla di produzione dei redditi e di incrementare la propria produttività). Poiché il concetto consiste nell'ampliamento delle scelte, il fondamento stesso del processo è la libertà. Se non vi è libertà, infatti, non è possibile disporre di scelte. Per questo Amartya Sen afferma: "lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali di cui la gente può godere". L'Indice di Sviluppo umano (HDI, Human Development Index) non è la panacea, ma un discreto inizio, un efficace contrasto alla precarietà, mentre si continua a blaterare di localizzazione dei siti per impianti nucleari di “ultima generazione” e di come trattare le scorie radioattive, poiché le priorità apprezzate dai sacerdoti del PIL continuano ad essere legate al momento particolarmente difficile per il mercato delle fonti d'energia, non per l'umanità, evidentemente. Le reali preoccupazioni dei governanti sono solo l'incremento dei prezzi del petrolio e l'allungamento di ombre oscure sulla sicurezza e sulla continuità di indispensabili prossimi approvvigionamenti, vedendo nei processi di destabilizzazione politica in atto dal Nord Africa al Golfo persico un micidiale bivio fra costi del barile in crescita e gravi pericoli connessi all'alternativa nucleare. A meno che non si apra una prospettiva di conveniente business delle energie rinnovabili. Accogliendo l'invito di Jeremy Rifkin, si potrebbe creare una rete diffusa di piccoli impianti la cui resa sarebbe superiore e i cui costi sarebbero inferiori ad una gran quantità di centrali nucleari. L'incombente pensiero economico incentrato sul PIL, ritarderà le decisioni dei Governi occidentali nel compiere scelte di rinuncia al controllo centralizzato della produzione di energia; banco di prova d'una ipotetica “nuova sensibilità” potrebbe essere il Consiglio europeo del 24 e 25 Marzo prossimi, nel quale Capi di Stato e di Governo dovrebbero formalizzare un'intesa sulla riforma della governance economica, sulla revisione del patto UE di stabilità e crescita e sulla stretta sui debiti pubblici con l'adozione di sanzioni. È prevedibile assistere ad una passerella di smemorati, all'indecoroso spettacolo di tagli a tutela dei margini di profitto, all'indiscussa liturgia del PIL e della precarietà delle genti. Forse si discuterà di guerra ONU - NATO, di quei "giorni difficili" evocati dal Presidente Napolitano Una politica che mai prende decisioni a favore dei popoli è una politica da rottamare. Per evitare la precarietà eterna.


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