sabato 22 maggio 2010

Il Welfare delle conoscenze - Il pensiero di OSCAR MARCHISIO: Le “catastrofi” come strumenti della politica, anzi come “eventi” per la bio-politica


L’inverno tra il 2000 ed il 2001 si manifesta la “mucca pazza” e nel febbraio del 2001 al culmine della pandemia si abbattono 180 000 capi ma questo non evita il rischio, infatti l’encefalite spongiforme bovina si può trasmettere all’uomo con risultati mortali.
La “mucca pazza” è l’espressione di una violenta trasformazione del ciclo dell’allevamento degli animali, infatti abbiamo trasformato gli erbivori in carnivori, infatti le mucche sono alimentate con farine animali, sono avvelenate da noi stessi che le nutriamo come se fossero in ospedale. Oggi l’allevamento è una patologia controllata con antibiotici, ormoni, vitamine, auxinici, appetizzanti, antiparassitari, urea, chemioterapici per cui le stalle sono veri e propri ospedali e di conseguenza fucine di malattie. Dopo la “mucca pazza” abbiamo nella primavera del 2003 la Sars con 263 morti e 2117 ricoverati.
Si palesa ad Hong Kong dove ci furono 676 ricoveri e ben 109 morti, derivante dalla densità abitativa ed immediatamente si diffuse oltre che in Cina anche in Canada e negli Usa, grazie alla interconnessione aerea che rese il globo un “villaggio”.
Come si disse allora, anche il virus sa prendere l’aereo e sa diffondersi rapidamente in tutto il globo. Così anche ora il virus del maiale è pronto a diffondersi rapidamente dal Messico utilizzando i mezzi di trasporto e diventando subito “globale”. Le pandemie sono diventate frequenti, “mucca pazza”, “sars”, adesso “l’influenza suina” che nata in Messico è subito arrivata a New York, seguendo la strada dell’emigrazione, trasformandosi così in eventi mediatici orientati alla “sicurezza” e al “controllo”. Cosa c’è di più facile che una “catastrofe” per calmare i conflitti di classe ed invocare la “conciliazione” nazionale? Addirittura nel caso italiano oltre all’influenza suina abbiamo avuto anche un “opportuno” terremoto che è diventato il “set teatrale” di Berlusca per impacchettare la “resistenza” in una “festa della conciliazione”, di spirituale afflato, capace di “imbalsamare” i conflitti proprio nel momento in cui vi è una profonda instabilità sociale. Sia con la Sars che con Katrina appare la macchina militare come il diretto gestore del territorio, ed anche con il terremoto in Abruzzo si inizia a manifestare “un’azione diretta” della protezione Civile che diventa la “longa manus” del presidente del Consiglio bypassando il Parlamento ma anche la sua stessa maggioranza e il suo governo. La novità, la differenza di stile va colta soprattutto nell’emergere di un paradigma dei soccorsi e della funzione “tecnica” militare e civile in presa diretta nella politica e nella gestione delle “catastrofi”. Infatti è con la Sars e con Katrina che si pone la novità del nuovo ruolo del dispositivo “militare” come vettore olistico della funzione capitalista. Le guerre “dichiarate” infatti pur nella novità della loro immagine di vettori “politici”, (si fa la guerra per esportare la democrazia!), hanno un loro canovaccio ed un loro iter teatrale abbastanza definito mentre con l’emergere delle “catastrofi” si delinea un ruolo assolutamente nuovo ed interessante della macchina militare tout-court come macchina bio-politica. Bio-politica appunto perché comanda direttamente sul corpo, sui “corpi” senza mediazioni se non la “violenza” amministrativa.
Si può dire che le catastrofi svelano, rendano manifesti le criticità del sistema capitalista, mettano a nudo i corpi, obbligando ad un rapporto diretto fra violenza e corpo sociale. Se l’accelerazione delle catastrofi con l’epidemie, i cosidetti disastri naturali come tifoni e tsunami sta creando un’economia delle crisi con annesse connessioni con l’assicurazione, le spese sanitarie, le spese logistiche e militari e il costituirsi di un nuovo segmento di professioni e attività sotto forma di ong e varie altre forme legali non profit, tale scenario esprime in maniera assolutamente inedita la traduzione in qualità, addirittura in qualità fisica della natura la violenta crescita quantitativa del capitalismo. Tale situazione delinea un ruolo ad alcune figure tecniche coma la “protezione civile” che diventano arbitrari e garanti della sicurezza e del territorio, espellendo di fatto la “burocrazia politica” dall’arena della “gestione crisi”.
Abbiamo sostanzialmente con il configurarsi di un settore economico delle catastrofi, l’emergere di una risposta autopropulsiva della crisi capitalista classica che invece di svelarsi sotto le forme economico-sociali, diciamo tipo crisi del ’29, si manifesta come nuova geografia delle catastrofi. È evidente come l’acutizzarsi di un ciclo auto-petrolio con il profilarsi del picco della produzione petrolifera attorno al 2030 rappresenta la manifestazione più profonda della macchina capitalista nella sussunzione del ciclo biologico e addirittura geologico. La trasformazione della “terra” come risultato dell’estrazione del petrolio, nasce e generato dall’asse centrale della fabbricazione capitalista cioè dal ciclo auto-petrolio e proprio da questo dispositivo centrale si alimenta la trasformazione fisica sia della “terra” sia del clima. Inoltre con l’entrata in campo dentro a questo modello di sviluppo della Cina e dell’India la dimensione quantitativa della normale crescita capitalista tocca i limiti fisici del globo ed è per questo che per la prima volta le reazioni di crisi si manifestano invece che come crisi sociali anche nella forma di catastrofi. Diciamo che la forma collettiva, la forma della sfera pubblica diventa la catastrofe. Nell’epidemia, nella crisi virale, nel tifone e altro riemerge il sociale nella sua forma pura, ritorna ancorché deformato dal livello della sussunzione capitalista la struttura della natura e la sua declinazione “sociale”.
A New Orleans piuttosto che nello Sri Lanka la devastazione “naturale” ha portato, in primo piano, la nuda struttura sociale del capitalismo senza la mediazione della politica tradizionale, per cui si apre un enorme gap tra evento sociale e comando della politica e lì si inserisce il nuovo gioco del “dispositivo militare” come teatro bio-politico. Allenato dall’esperienza dalla Bosnia all’Afghanistan, dal Kossovo al Kuwait l’esercito diventa soggetto politico capace di mediare il corpo sociale affrontando direttamente il comando bypassando la rete dei politici tradizionali. In questo sta anche la trasformazione dello scenario urbano, si modifica la geografia urbana dato che con le catastrofi e con le epidemie torna con prepotenza la realtà collettiva, saltano gli steccati della proprietà privata, salta la configurazione basata su mercato e proprietà. Questo riemergere del collettivo e dei problemi della dimensione pubblica come ad esempio con la Sars che mette in ginocchio l’approccio sanitario cinese, basata sul modello americano della sanità privatizzata, diventano eversivi rispetto al comando capitalista che di fronte ad una catastrofe come Katrina lo Stato americano sia obbligato a presentarsi con la Guardia Civile, cioè con la stessa faccia utilizzata in Iraq, la dice lunga sulla nuova configurazione dello Stato e sulle nuove forme di crisi.
Nel momento in cui lo sviluppo del capitalismo tocca il limiti fisici della terra, forse le catastrofi diventano la forma crisi del capitalismo, ovvero i “buchi” neri dove si accumulano l’energia e la crisi del capitalismo stesso. La gestione “tecnica” della crisi da parte dell’esercito o della Protezione civile modifica la “costituzione materiale”, imponendo di fatto una nuova gestione “bio-politica”, con il controllo diretto del territorio e degli umani esautorando, per motovi “tecnici” appunto la burocrazia “politica” eletta, considerandola inetta, superflua e lenta.
Proprio nel momento in cui si appropria della festa della resistenza trasformandola nella “festa della conciliazione”, Berlusca sta modificando la “costituzione materiale”, anticipando lo scioglimento delle Camere, inutili e costose, con un “efficiente sistema” di Protezione Civile che agisce “chirurgicamente” sul corpo sociale e garantisce “efficienza e comportamenti subalterni”.
Questo è l’allenamento sulle aree di crisi, sulle catastrofi dove l’azione diretta e la “macchina” privata del Presidente possono agire, preparandosi alle soluzioni dirette e al comando tramite “protezione civile” su tutto il, territorio che diventerà così la nuova “bio-politica”, il nuovo “fascismo discreto” e politicamente “corretto”.
Oscar Marchisio

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